2022

Milano

Bottega, pasta fresca, tavola calda

2022

Milano

Bottega, pasta fresca, tavola calda

2022

Milano

Bottega, pasta fresca, tavola calda

genesi

La storia di Matteo Monti non inizia in una cucina, ma con un diploma da perito elettrotecnico. Debutta con la logica rigorosa dei circuiti e dei sistemi, un dettaglio che, messo nel "cassetto delle eventualità", si rivelerà essere non una deviazione, ma la fondazione segreta della sua intera filosofia.   

Il richiamo alla gastronomia è una scelta deliberata. All'Alberghiero di Gazzano, Monti non apprende solo un mestiere, ma scopre una vocazione. La prima tappa è un'illuminazione: da Carla Aradelli al Ristorante Riva di Ponte dell'Olio scopre "l'amore per l'alta cucina" e la profonda complessità che trasforma un piatto in un "Grande Piatto".   

È l'inizio di un pellegrinaggio nelle cucine più importanti d'Italia, un lignaggio che definisce l'architettura del suo palato. Per oltre quattro anni, affina la disciplina nella brigata di Filippo Chiappini Dattilo all'Antica Osteria del Teatro. È qui che sente parlare di un maestro che cambierà la sua percezione: Paolo Lopriore.   

Il racconto della cucina di Lopriore è "folgorante". Monti parte per le colline senesi, alla Certosa di Maggiano, ed entra nella fucina creativa di uno dei più grandi innovatori italiani. Con Lopriore, la sua "dimensione gustativa... si espande"; impara a pensare al cibo a un livello intellettuale, a decifrarne la "timbrica conoscitiva". Il sodalizio è tale che Monti ne diventerà il successore in quella stessa cucina.   

Ma il percorso non è finito. Dopo una sperimentazione nordica al Bagatelle di Oslo, arriva l'incontro con un altro genio: Davide Scabin. Al Combal.Zero, Monti rimane quattro anni. Se Lopriore lo ha aiutato ad espandere la mente sul gusto, Scabin gli insegna a dominarne la forma: con lui, il gusto "si innova nelle consistenze".   

Dopo quasi venticinque anni ai vertici dell’avanguardia, passando per la libertà espressiva del Rebelot a Milano e un'intensa esperienza con Isa Mazzocchi presso il ristorante La Palta, Monti avverte una necessita diversa. Un bisogno esistenziale: "avere un mio posto e per poter vivere la mia vita. [...] per potermi dare modo di essere chi sono".   

Il 13 marzo 2022 nasce Razdora.   

Non è un ristorante rivoluzionario. È una "tavola calda, ormai un pò dimenticata", un luogo dall'ambiente "familiare, caldo ed accogliente". La scelta è radicale. Monti prende il rigore intellettuale di Lopriore e la precisione tecnica di Scabin e li applica non a un menu degustazione, ma alla libertà della pasta fresca, ai sughi, ai prodotti da asporto.   

Il nome stesso della sua insegna è già un manifesto: la "Razdora" era la figura matriarcale che "reggeva tutta la casa e pensava a tutto". Oggi, Matteo Monti è la nuova Razdora: un architetto del gusto che "pensa al momento della cena" , ponendo la sua esperienza non al servizio del proprio ego, ma al servizio della Gola e della Comunità.   

magie

Da Razdora la magia non nasce da effetti speciali o ricette segrete, ma da un’equazione ferrea: materia prima, tecnica e gola. È il risultato di un processo che lo chef Matteo Monti ha messo a punto in oltre vent’anni passati nelle cucine d’avanguardia d’Europa, distillando rigore e piacere in uno stesso gesto.

Il punto di partenza è uno solo: la Gola.
«Faccio quello che mi piacerebbe mangiare e che mi ingolosisce» racconta Monti. Solo se un piatto lo conquista in prima persona, può arrivare fino al banco di Razdora.

Quella che potrebbe sembrare una scelta istintiva è, in realtà, un lavoro di ingegneria del gusto. Ogni preparazione, ogni formato di pasta fresca, ogni sugo che esce dal laboratorio attraversa un percorso inflessibile prima di approdare in bottega.

Ogni ricetta viene innanzitutto pensata: nasce nella mente dello chef, che seleziona le materie prime “a seconda di quello che ha in testa”. Poi viene analizzata, scomposta nei suoi elementi per valutarne equilibrio, struttura, tenuta. Quindi concepita nella forma più funzionale – cottura, consistenze, tempi di rigenerazione a casa. Solo alla fine viene realizzata, quando ogni passaggio è stato messo alla prova.

L’obiettivo di questo metodo, erede di una carriera spesa a domare consistenze e temperature, non è stupire a tutti i costi, ma rassicurare. Ogni prodotto deve essere, nelle parole di Monti, «facile da capire, da mantenere e da preparare», soprattutto per chi lo porterà a casa dopo una giornata di lavoro.

Le “Magie” di Razdora sono proprio queste: paste fresche, sughi pronti, basi e prodotti artigianali che racchiudono una competenza tecnica profonda, messa al servizio della semplicità quotidiana. Non troverete esercizi di stile, ma riconoscerete la sostanza.

Dentro ogni vaschetta c’è l’incontro tra due mondi: il rigore quasi da perito elettrotecnico, che controlla ogni variabile, e il calore della razdora, la matriarca emiliana che pensa al benessere della famiglia. È in questo incrocio che la bottega trova la sua identità.

La magia, alla fine, è tutta qui: aprire un sugo, buttare una tipologia di pasta, compiere un gesto ordinario e scoprire che quel sapore è stato pensato, analizzato e concepito per una sola ragione: essere, semplicemente e senza giri di parole, profondamente appetitoso.

ubicazione

ultimi patrimoni

genesi

La storia di Matteo Monti non inizia in una cucina, ma con un diploma da perito elettrotecnico. Debutta con la logica rigorosa dei circuiti e dei sistemi, un dettaglio che, messo nel "cassetto delle eventualità", si rivelerà essere non una deviazione, ma la fondazione segreta della sua intera filosofia.   

Il richiamo alla gastronomia è una scelta deliberata. All'Alberghiero di Gazzano, Monti non apprende solo un mestiere, ma scopre una vocazione. La prima tappa è un'illuminazione: da Carla Aradelli al Ristorante Riva di Ponte dell'Olio scopre "l'amore per l'alta cucina" e la profonda complessità che trasforma un piatto in un "Grande Piatto".   

È l'inizio di un pellegrinaggio nelle cucine più importanti d'Italia, un lignaggio che definisce l'architettura del suo palato. Per oltre quattro anni, affina la disciplina nella brigata di Filippo Chiappini Dattilo all'Antica Osteria del Teatro. È qui che sente parlare di un maestro che cambierà la sua percezione: Paolo Lopriore.   

Il racconto della cucina di Lopriore è "folgorante". Monti parte per le colline senesi, alla Certosa di Maggiano, ed entra nella fucina creativa di uno dei più grandi innovatori italiani. Con Lopriore, la sua "dimensione gustativa... si espande"; impara a pensare al cibo a un livello intellettuale, a decifrarne la "timbrica conoscitiva". Il sodalizio è tale che Monti ne diventerà il successore in quella stessa cucina.   

Ma il percorso non è finito. Dopo una sperimentazione nordica al Bagatelle di Oslo, arriva l'incontro con un altro genio: Davide Scabin. Al Combal.Zero, Monti rimane quattro anni. Se Lopriore lo ha aiutato ad espandere la mente sul gusto, Scabin gli insegna a dominarne la forma: con lui, il gusto "si innova nelle consistenze".   

Dopo quasi venticinque anni ai vertici dell’avanguardia, passando per la libertà espressiva del Rebelot a Milano e un'intensa esperienza con Isa Mazzocchi presso il ristorante La Palta, Monti avverte una necessita diversa. Un bisogno esistenziale: "avere un mio posto e per poter vivere la mia vita. [...] per potermi dare modo di essere chi sono".   

Il 13 marzo 2022 nasce Razdora.   

Non è un ristorante rivoluzionario. È una "tavola calda, ormai un pò dimenticata", un luogo dall'ambiente "familiare, caldo ed accogliente". La scelta è radicale. Monti prende il rigore intellettuale di Lopriore e la precisione tecnica di Scabin e li applica non a un menu degustazione, ma alla libertà della pasta fresca, ai sughi, ai prodotti da asporto.   

Il nome stesso della sua insegna è già un manifesto: la "Razdora" era la figura matriarcale che "reggeva tutta la casa e pensava a tutto". Oggi, Matteo Monti è la nuova Razdora: un architetto del gusto che "pensa al momento della cena" , ponendo la sua esperienza non al servizio del proprio ego, ma al servizio della Gola e della Comunità.   

magie

Da Razdora la magia non nasce da effetti speciali o ricette segrete, ma da un’equazione ferrea: materia prima, tecnica e gola. È il risultato di un processo che lo chef Matteo Monti ha messo a punto in oltre vent’anni passati nelle cucine d’avanguardia d’Europa, distillando rigore e piacere in uno stesso gesto.

Il punto di partenza è uno solo: la Gola.
«Faccio quello che mi piacerebbe mangiare e che mi ingolosisce» racconta Monti. Solo se un piatto lo conquista in prima persona, può arrivare fino al banco di Razdora.

Quella che potrebbe sembrare una scelta istintiva è, in realtà, un lavoro di ingegneria del gusto. Ogni preparazione, ogni formato di pasta fresca, ogni sugo che esce dal laboratorio attraversa un percorso inflessibile prima di approdare in bottega.

Ogni ricetta viene innanzitutto pensata: nasce nella mente dello chef, che seleziona le materie prime “a seconda di quello che ha in testa”. Poi viene analizzata, scomposta nei suoi elementi per valutarne equilibrio, struttura, tenuta. Quindi concepita nella forma più funzionale – cottura, consistenze, tempi di rigenerazione a casa. Solo alla fine viene realizzata, quando ogni passaggio è stato messo alla prova.

L’obiettivo di questo metodo, erede di una carriera spesa a domare consistenze e temperature, non è stupire a tutti i costi, ma rassicurare. Ogni prodotto deve essere, nelle parole di Monti, «facile da capire, da mantenere e da preparare», soprattutto per chi lo porterà a casa dopo una giornata di lavoro.

Le “Magie” di Razdora sono proprio queste: paste fresche, sughi pronti, basi e prodotti artigianali che racchiudono una competenza tecnica profonda, messa al servizio della semplicità quotidiana. Non troverete esercizi di stile, ma riconoscerete la sostanza.

Dentro ogni vaschetta c’è l’incontro tra due mondi: il rigore quasi da perito elettrotecnico, che controlla ogni variabile, e il calore della razdora, la matriarca emiliana che pensa al benessere della famiglia. È in questo incrocio che la bottega trova la sua identità.

La magia, alla fine, è tutta qui: aprire un sugo, buttare una tipologia di pasta, compiere un gesto ordinario e scoprire che quel sapore è stato pensato, analizzato e concepito per una sola ragione: essere, semplicemente e senza giri di parole, profondamente appetitoso.

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genesi

La storia di Matteo Monti non inizia in una cucina, ma con un diploma da perito elettrotecnico. Debutta con la logica rigorosa dei circuiti e dei sistemi, un dettaglio che, messo nel "cassetto delle eventualità", si rivelerà essere non una deviazione, ma la fondazione segreta della sua intera filosofia.   

Il richiamo alla gastronomia è una scelta deliberata. All'Alberghiero di Gazzano, Monti non apprende solo un mestiere, ma scopre una vocazione. La prima tappa è un'illuminazione: da Carla Aradelli al Ristorante Riva di Ponte dell'Olio scopre "l'amore per l'alta cucina" e la profonda complessità che trasforma un piatto in un "Grande Piatto".   

È l'inizio di un pellegrinaggio nelle cucine più importanti d'Italia, un lignaggio che definisce l'architettura del suo palato. Per oltre quattro anni, affina la disciplina nella brigata di Filippo Chiappini Dattilo all'Antica Osteria del Teatro. È qui che sente parlare di un maestro che cambierà la sua percezione: Paolo Lopriore.   

Il racconto della cucina di Lopriore è "folgorante". Monti parte per le colline senesi, alla Certosa di Maggiano, ed entra nella fucina creativa di uno dei più grandi innovatori italiani. Con Lopriore, la sua "dimensione gustativa... si espande"; impara a pensare al cibo a un livello intellettuale, a decifrarne la "timbrica conoscitiva". Il sodalizio è tale che Monti ne diventerà il successore in quella stessa cucina.   

Ma il percorso non è finito. Dopo una sperimentazione nordica al Bagatelle di Oslo, arriva l'incontro con un altro genio: Davide Scabin. Al Combal.Zero, Monti rimane quattro anni. Se Lopriore lo ha aiutato ad espandere la mente sul gusto, Scabin gli insegna a dominarne la forma: con lui, il gusto "si innova nelle consistenze".   

Dopo quasi venticinque anni ai vertici dell’avanguardia, passando per la libertà espressiva del Rebelot a Milano e un'intensa esperienza con Isa Mazzocchi presso il ristorante La Palta, Monti avverte una necessita diversa. Un bisogno esistenziale: "avere un mio posto e per poter vivere la mia vita. [...] per potermi dare modo di essere chi sono".   

Il 13 marzo 2022 nasce Razdora.   

Non è un ristorante rivoluzionario. È una "tavola calda, ormai un pò dimenticata", un luogo dall'ambiente "familiare, caldo ed accogliente". La scelta è radicale. Monti prende il rigore intellettuale di Lopriore e la precisione tecnica di Scabin e li applica non a un menu degustazione, ma alla libertà della pasta fresca, ai sughi, ai prodotti da asporto.   

Il nome stesso della sua insegna è già un manifesto: la "Razdora" era la figura matriarcale che "reggeva tutta la casa e pensava a tutto". Oggi, Matteo Monti è la nuova Razdora: un architetto del gusto che "pensa al momento della cena" , ponendo la sua esperienza non al servizio del proprio ego, ma al servizio della Gola e della Comunità.   

magie

Da Razdora la magia non nasce da effetti speciali o ricette segrete, ma da un’equazione ferrea: materia prima, tecnica e gola. È il risultato di un processo che lo chef Matteo Monti ha messo a punto in oltre vent’anni passati nelle cucine d’avanguardia d’Europa, distillando rigore e piacere in uno stesso gesto.

Il punto di partenza è uno solo: la Gola.
«Faccio quello che mi piacerebbe mangiare e che mi ingolosisce» racconta Monti. Solo se un piatto lo conquista in prima persona, può arrivare fino al banco di Razdora.

Quella che potrebbe sembrare una scelta istintiva è, in realtà, un lavoro di ingegneria del gusto. Ogni preparazione, ogni formato di pasta fresca, ogni sugo che esce dal laboratorio attraversa un percorso inflessibile prima di approdare in bottega.

Ogni ricetta viene innanzitutto pensata: nasce nella mente dello chef, che seleziona le materie prime “a seconda di quello che ha in testa”. Poi viene analizzata, scomposta nei suoi elementi per valutarne equilibrio, struttura, tenuta. Quindi concepita nella forma più funzionale – cottura, consistenze, tempi di rigenerazione a casa. Solo alla fine viene realizzata, quando ogni passaggio è stato messo alla prova.

L’obiettivo di questo metodo, erede di una carriera spesa a domare consistenze e temperature, non è stupire a tutti i costi, ma rassicurare. Ogni prodotto deve essere, nelle parole di Monti, «facile da capire, da mantenere e da preparare», soprattutto per chi lo porterà a casa dopo una giornata di lavoro.

Le “Magie” di Razdora sono proprio queste: paste fresche, sughi pronti, basi e prodotti artigianali che racchiudono una competenza tecnica profonda, messa al servizio della semplicità quotidiana. Non troverete esercizi di stile, ma riconoscerete la sostanza.

Dentro ogni vaschetta c’è l’incontro tra due mondi: il rigore quasi da perito elettrotecnico, che controlla ogni variabile, e il calore della razdora, la matriarca emiliana che pensa al benessere della famiglia. È in questo incrocio che la bottega trova la sua identità.

La magia, alla fine, è tutta qui: aprire un sugo, buttare una tipologia di pasta, compiere un gesto ordinario e scoprire che quel sapore è stato pensato, analizzato e concepito per una sola ragione: essere, semplicemente e senza giri di parole, profondamente appetitoso.

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