
CONTRO LA DIETA DEL SOSPETTO
l'elogio della pasta
25/06/25

CONTRO LA DIETA DEL SOSPETTO
l'elogio della pasta
25/06/25

CONTRO LA DIETA DEL SOSPETTO
l'elogio della pasta
25/06/25
Nell’odierno paesaggio alimentare, la pasta si muove su un crinale sottile: da un lato oggetto di studio da parte della scienza nutrizionale, dall’altro bersaglio di una mitologia dietetica che l’ha voluta colpevole prima ancora che compresa. Da alimento fondante della dieta mediterranea — riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale — a feticcio demonizzato da mode alimentari ‘low-carb’ e correnti iperproteiche, la pasta incarna un paradosso squisitamente moderno: essere al tempo stesso necessaria e sospetta, familiare e travisata.
Eppure, la verità non si lascia sedurre dalle mode poiché — come spesso accade in nutrizione, come sempre accade nel gusto — si gioca nelle sfumature.
Sul piano biochimico, la pasta al dente è un alleato metabolico. La sua struttura — complessa, compatta, ordinata — consente un rilascio graduale del glucosio, evitando i picchi glicemici che affaticano il sistema endocrino. La gelatinizzazione degli amidi, se non compromessa da una cottura eccessiva, ne fa un alimento a basso indice glicemico, adatto persino a chi soffre di insulino-resistenza. Non è un caso che numerosi piani alimentari clinici, persino in ambito ospedaliero, la prevedano come primo pilastro nutrizionale.
Ma c’è di più. La pasta è povera di grassi, priva di colesterolo, ricca di carboidrati complessi, vitamine del gruppo B e — nella sua versione integrale — di fibre alimentari. I dati scientifici più autorevoli, da “The Lancet” al “BMJ”, confermano che una dieta ricca di carboidrati complessi e povera di zuccheri semplici rimane una delle strategie più efficaci per promuovere la longevità. Il vero rischio non è la pasta, ma l’anarchia delle porzioni, i condimenti ipercalorici, l’inattività che domina molte esistenze.
Così, mentre il discorso nutrizionale si frantuma in regole ansiogene e dogmi estetici, la pasta rimane — sorprendentemente — uno dei pochi alimenti capaci di unire ciò che la cultura moderna ha diviso: piacere e salute, sazietà e misura, ritualità e scienza.
Nell’odierno paesaggio alimentare, la pasta si muove su un crinale sottile: da un lato oggetto di studio da parte della scienza nutrizionale, dall’altro bersaglio di una mitologia dietetica che l’ha voluta colpevole prima ancora che compresa. Da alimento fondante della dieta mediterranea — riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale — a feticcio demonizzato da mode alimentari ‘low-carb’ e correnti iperproteiche, la pasta incarna un paradosso squisitamente moderno: essere al tempo stesso necessaria e sospetta, familiare e travisata.
Eppure, la verità non si lascia sedurre dalle mode poiché — come spesso accade in nutrizione, come sempre accade nel gusto — si gioca nelle sfumature.
Sul piano biochimico, la pasta al dente è un alleato metabolico. La sua struttura — complessa, compatta, ordinata — consente un rilascio graduale del glucosio, evitando i picchi glicemici che affaticano il sistema endocrino. La gelatinizzazione degli amidi, se non compromessa da una cottura eccessiva, ne fa un alimento a basso indice glicemico, adatto persino a chi soffre di insulino-resistenza. Non è un caso che numerosi piani alimentari clinici, persino in ambito ospedaliero, la prevedano come primo pilastro nutrizionale.
Ma c’è di più. La pasta è povera di grassi, priva di colesterolo, ricca di carboidrati complessi, vitamine del gruppo B e — nella sua versione integrale — di fibre alimentari. I dati scientifici più autorevoli, da “The Lancet” al “BMJ”, confermano che una dieta ricca di carboidrati complessi e povera di zuccheri semplici rimane una delle strategie più efficaci per promuovere la longevità. Il vero rischio non è la pasta, ma l’anarchia delle porzioni, i condimenti ipercalorici, l’inattività che domina molte esistenze.
Così, mentre il discorso nutrizionale si frantuma in regole ansiogene e dogmi estetici, la pasta rimane — sorprendentemente — uno dei pochi alimenti capaci di unire ciò che la cultura moderna ha diviso: piacere e salute, sazietà e misura, ritualità e scienza.
Nell’odierno paesaggio alimentare, la pasta si muove su un crinale sottile: da un lato oggetto di studio da parte della scienza nutrizionale, dall’altro bersaglio di una mitologia dietetica che l’ha voluta colpevole prima ancora che compresa. Da alimento fondante della dieta mediterranea — riconosciuta dall’UNESCO come patrimonio culturale — a feticcio demonizzato da mode alimentari ‘low-carb’ e correnti iperproteiche, la pasta incarna un paradosso squisitamente moderno: essere al tempo stesso necessaria e sospetta, familiare e travisata.
Eppure, la verità non si lascia sedurre dalle mode poiché — come spesso accade in nutrizione, come sempre accade nel gusto — si gioca nelle sfumature.
Sul piano biochimico, la pasta al dente è un alleato metabolico. La sua struttura — complessa, compatta, ordinata — consente un rilascio graduale del glucosio, evitando i picchi glicemici che affaticano il sistema endocrino. La gelatinizzazione degli amidi, se non compromessa da una cottura eccessiva, ne fa un alimento a basso indice glicemico, adatto persino a chi soffre di insulino-resistenza. Non è un caso che numerosi piani alimentari clinici, persino in ambito ospedaliero, la prevedano come primo pilastro nutrizionale.
Ma c’è di più. La pasta è povera di grassi, priva di colesterolo, ricca di carboidrati complessi, vitamine del gruppo B e — nella sua versione integrale — di fibre alimentari. I dati scientifici più autorevoli, da “The Lancet” al “BMJ”, confermano che una dieta ricca di carboidrati complessi e povera di zuccheri semplici rimane una delle strategie più efficaci per promuovere la longevità. Il vero rischio non è la pasta, ma l’anarchia delle porzioni, i condimenti ipercalorici, l’inattività che domina molte esistenze.
Così, mentre il discorso nutrizionale si frantuma in regole ansiogene e dogmi estetici, la pasta rimane — sorprendentemente — uno dei pochi alimenti capaci di unire ciò che la cultura moderna ha diviso: piacere e salute, sazietà e misura, ritualità e scienza.