PASTA EVANGELISTS

la startup dal cuore italiano

17/10/25

PASTA EVANGELISTS

la startup dal cuore italiano

17/10/25

PASTA EVANGELISTS

la startup dal cuore italiano

17/10/25

Londra, città di nebbia e spezie, non sembrava un luogo destinato a un’epifania del grano. Eppure, tra i quartieri eleganti di Kensington e le cucine domestiche della City, è nato un piccolo culto contemporaneo: quello della pasta come rito globale.

Si chiama Pasta Evangelists, lungimirante startup ideata nel 2016 dal genovese Alessandro Savelli, il cui nome riecheggiava già come un manifesto: predicare la pasta come fede quotidiana, salvarla dal fast-food e restituirle il tempo che merita.

Tutto iniziò come un esperimento artigianale: pochi formati, qualche sugo autentico, la promessa di un’Italia spedita in scatola — fresca, profumata, vera. Ma da quella semplicità è germogliato un fenomeno culturale. Oggi Pasta Evangelists è un impero del gusto, con cucine, ristoranti e una comunità digitale che celebra ogni forchettata come un atto di appartenenza.

Dietro l’impresa, l’intuizione più italiana di tutte: trasformare la convivialità in marchio, la tradizione in linguaggio globale.

Barilla, entrando nel capitale nel 2021, non ha fatto che amplificarne l’eco: la pasta, da simbolo domestico, è diventata ambasciatrice universale. Ma il segreto del successo non è solo nel business — è nella narrazione. Ogni pacco, ogni piatto, ogni post racconta un gesto, una storia, un frammento di casa. La pasta torna così a essere liturgia contemporanea, oggetto di culto per chi cerca nel cibo non solo sapore, ma identità.

C'è qualcosa di poetico davvero: chi ha nella teiera da sempre il suo feticcio, si lascia ora sedurre dall’acqua che in pentola fiorisce al bollore! Un passaggio di testimone fra culture: il rigore britannico che abbraccia la tenerezza della trafila, la misura anglosassone che scopre la dolce e fantasiosa anarchia del sugo.

Forse è proprio questo il miracolo di Pasta Evangelists: ricordarci che la pasta non appartiene a un luogo, ma a un modo di sentire.

Una piccola liturgia laica che si compie mentre l’acqua bolle, il sale cade, il tempo si fa mensa. Ed è proprio lì che l’Italia, rispettosamente, si compone.

Londra, città di nebbia e spezie, non sembrava un luogo destinato a un’epifania del grano. Eppure, tra i quartieri eleganti di Kensington e le cucine domestiche della City, è nato un piccolo culto contemporaneo: quello della pasta come rito globale.

Si chiama Pasta Evangelists, lungimirante startup ideata nel 2016 dal genovese Alessandro Savelli, il cui nome riecheggiava già come un manifesto: predicare la pasta come fede quotidiana, salvarla dal fast-food e restituirle il tempo che merita.

Tutto iniziò come un esperimento artigianale: pochi formati, qualche sugo autentico, la promessa di un’Italia spedita in scatola — fresca, profumata, vera. Ma da quella semplicità è germogliato un fenomeno culturale. Oggi Pasta Evangelists è un impero del gusto, con cucine, ristoranti e una comunità digitale che celebra ogni forchettata come un atto di appartenenza.

Dietro l’impresa, l’intuizione più italiana di tutte: trasformare la convivialità in marchio, la tradizione in linguaggio globale.

Barilla, entrando nel capitale nel 2021, non ha fatto che amplificarne l’eco: la pasta, da simbolo domestico, è diventata ambasciatrice universale. Ma il segreto del successo non è solo nel business — è nella narrazione. Ogni pacco, ogni piatto, ogni post racconta un gesto, una storia, un frammento di casa. La pasta torna così a essere liturgia contemporanea, oggetto di culto per chi cerca nel cibo non solo sapore, ma identità.

C'è qualcosa di poetico davvero: chi ha nella teiera da sempre il suo feticcio, si lascia ora sedurre dall’acqua che in pentola fiorisce al bollore! Un passaggio di testimone fra culture: il rigore britannico che abbraccia la tenerezza della trafila, la misura anglosassone che scopre la dolce e fantasiosa anarchia del sugo.

Forse è proprio questo il miracolo di Pasta Evangelists: ricordarci che la pasta non appartiene a un luogo, ma a un modo di sentire.

Una piccola liturgia laica che si compie mentre l’acqua bolle, il sale cade, il tempo si fa mensa. Ed è proprio lì che l’Italia, rispettosamente, si compone.

Londra, città di nebbia e spezie, non sembrava un luogo destinato a un’epifania del grano. Eppure, tra i quartieri eleganti di Kensington e le cucine domestiche della City, è nato un piccolo culto contemporaneo: quello della pasta come rito globale.

Si chiama Pasta Evangelists, lungimirante startup ideata nel 2016 dal genovese Alessandro Savelli, il cui nome riecheggiava già come un manifesto: predicare la pasta come fede quotidiana, salvarla dal fast-food e restituirle il tempo che merita.

Tutto iniziò come un esperimento artigianale: pochi formati, qualche sugo autentico, la promessa di un’Italia spedita in scatola — fresca, profumata, vera. Ma da quella semplicità è germogliato un fenomeno culturale. Oggi Pasta Evangelists è un impero del gusto, con cucine, ristoranti e una comunità digitale che celebra ogni forchettata come un atto di appartenenza.

Dietro l’impresa, l’intuizione più italiana di tutte: trasformare la convivialità in marchio, la tradizione in linguaggio globale.

Barilla, entrando nel capitale nel 2021, non ha fatto che amplificarne l’eco: la pasta, da simbolo domestico, è diventata ambasciatrice universale. Ma il segreto del successo non è solo nel business — è nella narrazione. Ogni pacco, ogni piatto, ogni post racconta un gesto, una storia, un frammento di casa. La pasta torna così a essere liturgia contemporanea, oggetto di culto per chi cerca nel cibo non solo sapore, ma identità.

C'è qualcosa di poetico davvero: chi ha nella teiera da sempre il suo feticcio, si lascia ora sedurre dall’acqua che in pentola fiorisce al bollore! Un passaggio di testimone fra culture: il rigore britannico che abbraccia la tenerezza della trafila, la misura anglosassone che scopre la dolce e fantasiosa anarchia del sugo.

Forse è proprio questo il miracolo di Pasta Evangelists: ricordarci che la pasta non appartiene a un luogo, ma a un modo di sentire.

Una piccola liturgia laica che si compie mentre l’acqua bolle, il sale cade, il tempo si fa mensa. Ed è proprio lì che l’Italia, rispettosamente, si compone.