
UN MATCH DI PASTA
(fatta a mano) tra amatori e professionisti
18 giu 2025

UN MATCH DI PASTA
(fatta a mano) tra amatori e professionisti
18 giu 2025

UN MATCH DI PASTA
(fatta a mano) tra amatori e professionisti
18 giu 2025
Sotto il cielo ancora tiepido della Campania, tra le mura affascinanti e antiche di Paestum, pochi giorni orsono, si è consumata una danza di farina, mattarello e sacra tradizione: il Campionato della pasta fatta a mano, andato in scena dal 30 maggio al 1 giugno al NEXT – Nuova Esposizione Ex Tabacchificio. In una scenografia sospesa tra archeologia e passione gastronomica, mani sapienti hanno plasmato l’anima della pasta, ribadendo che la semplicità – se sostenuta da dedizione – diventa arte.
Tra i professionisti, ha colpito il trionfo di Domenico Pastena, chef napoletano di 35 anni titolare del ristorante Pastèna, che con il piatto “Giovedì Santo” ha racchiuso il Golfo nello scrigno tricolore di un raviolo: polpo, gamberi, vongole e lupini avvolti in una bisque costruita sui gusci, teste e conchiglie, sintesi di memoria, sostenibilità e creatività. La giuria, capeggiata dal noto enogastronomo Luciano Pignataro e composta da chef stellati, giornalisti e nutrizionisti, ha premiato la sua capacità di raccontare Napoli con le mani, tra sapori del mare e un presente responsabile.
Ma la magia non si è limitata ai professionisti: anche gli amatori hanno offerto gemme di autenticità. Tra queste, spicca il caso della ucraina Cristina Pavlyuk residente oramai da anni in Emilia, trionfatrice, nella categoria amatori, grazie a un tortello reggiano a forma di calanchi, farcito di spinaci, tosone e bietole, accompagnato da una crema verde di asparagi selvatici, piselli, morchelle e fiori freschi. Un viaggio tra terra e radici, un omaggio alla bellezza dell’incontro e della contaminazione.
Il Campionato, giunto quest’anno alla seconda edizione, non è solo gara: è celebrazione della biodiversità agricola, manualità artigiana, e identità territoriale. Ogni impasto, ogni piega raccontava storie di famiglie, di generazioni, di farine antiche e tecniche rivissute. E le vittorie – i premi per miglior impasto, sostenibilità, equilibrio nutrizionale – sono stati riconoscimenti a chi sa raccontare la pasta con consapevolezza e cuore.
Poco più di un’istantanea culinaria: un manifesto dedicato alla pasta come patrimonio immateriale, trampolino di lancio per chi, tra professionisti e appassionati, porta avanti con coraggio la cultura della manualità.
Mentre il sole scivolava pigro tra le colonne doriche, lasciando che il profumo di sfoglia riempisse festante l’aria, si percepiva nettamente una certezza: questa arte, fatta di tempo e pazienza, non si fermerà a Paestum. Dopo il trofeo, partirà un tour nazionale, per radicare ancora più forte – in mani nuove – quell’ancestrale incanto che è la pasta fatta a mano.
Sotto il cielo ancora tiepido della Campania, tra le mura affascinanti e antiche di Paestum, pochi giorni orsono, si è consumata una danza di farina, mattarello e sacra tradizione: il Campionato della pasta fatta a mano, andato in scena dal 30 maggio al 1 giugno al NEXT – Nuova Esposizione Ex Tabacchificio. In una scenografia sospesa tra archeologia e passione gastronomica, mani sapienti hanno plasmato l’anima della pasta, ribadendo che la semplicità – se sostenuta da dedizione – diventa arte.
Tra i professionisti, ha colpito il trionfo di Domenico Pastena, chef napoletano di 35 anni titolare del ristorante Pastèna, che con il piatto “Giovedì Santo” ha racchiuso il Golfo nello scrigno tricolore di un raviolo: polpo, gamberi, vongole e lupini avvolti in una bisque costruita sui gusci, teste e conchiglie, sintesi di memoria, sostenibilità e creatività. La giuria, capeggiata dal noto enogastronomo Luciano Pignataro e composta da chef stellati, giornalisti e nutrizionisti, ha premiato la sua capacità di raccontare Napoli con le mani, tra sapori del mare e un presente responsabile.
Ma la magia non si è limitata ai professionisti: anche gli amatori hanno offerto gemme di autenticità. Tra queste, spicca il caso della ucraina Cristina Pavlyuk residente oramai da anni in Emilia, trionfatrice, nella categoria amatori, grazie a un tortello reggiano a forma di calanchi, farcito di spinaci, tosone e bietole, accompagnato da una crema verde di asparagi selvatici, piselli, morchelle e fiori freschi. Un viaggio tra terra e radici, un omaggio alla bellezza dell’incontro e della contaminazione.
Il Campionato, giunto quest’anno alla seconda edizione, non è solo gara: è celebrazione della biodiversità agricola, manualità artigiana, e identità territoriale. Ogni impasto, ogni piega raccontava storie di famiglie, di generazioni, di farine antiche e tecniche rivissute. E le vittorie – i premi per miglior impasto, sostenibilità, equilibrio nutrizionale – sono stati riconoscimenti a chi sa raccontare la pasta con consapevolezza e cuore.
Poco più di un’istantanea culinaria: un manifesto dedicato alla pasta come patrimonio immateriale, trampolino di lancio per chi, tra professionisti e appassionati, porta avanti con coraggio la cultura della manualità.
Mentre il sole scivolava pigro tra le colonne doriche, lasciando che il profumo di sfoglia riempisse festante l’aria, si percepiva nettamente una certezza: questa arte, fatta di tempo e pazienza, non si fermerà a Paestum. Dopo il trofeo, partirà un tour nazionale, per radicare ancora più forte – in mani nuove – quell’ancestrale incanto che è la pasta fatta a mano.
Sotto il cielo ancora tiepido della Campania, tra le mura affascinanti e antiche di Paestum, pochi giorni orsono, si è consumata una danza di farina, mattarello e sacra tradizione: il Campionato della pasta fatta a mano, andato in scena dal 30 maggio al 1 giugno al NEXT – Nuova Esposizione Ex Tabacchificio. In una scenografia sospesa tra archeologia e passione gastronomica, mani sapienti hanno plasmato l’anima della pasta, ribadendo che la semplicità – se sostenuta da dedizione – diventa arte.
Tra i professionisti, ha colpito il trionfo di Domenico Pastena, chef napoletano di 35 anni titolare del ristorante Pastèna, che con il piatto “Giovedì Santo” ha racchiuso il Golfo nello scrigno tricolore di un raviolo: polpo, gamberi, vongole e lupini avvolti in una bisque costruita sui gusci, teste e conchiglie, sintesi di memoria, sostenibilità e creatività. La giuria, capeggiata dal noto enogastronomo Luciano Pignataro e composta da chef stellati, giornalisti e nutrizionisti, ha premiato la sua capacità di raccontare Napoli con le mani, tra sapori del mare e un presente responsabile.
Ma la magia non si è limitata ai professionisti: anche gli amatori hanno offerto gemme di autenticità. Tra queste, spicca il caso della ucraina Cristina Pavlyuk residente oramai da anni in Emilia, trionfatrice, nella categoria amatori, grazie a un tortello reggiano a forma di calanchi, farcito di spinaci, tosone e bietole, accompagnato da una crema verde di asparagi selvatici, piselli, morchelle e fiori freschi. Un viaggio tra terra e radici, un omaggio alla bellezza dell’incontro e della contaminazione.
Il Campionato, giunto quest’anno alla seconda edizione, non è solo gara: è celebrazione della biodiversità agricola, manualità artigiana, e identità territoriale. Ogni impasto, ogni piega raccontava storie di famiglie, di generazioni, di farine antiche e tecniche rivissute. E le vittorie – i premi per miglior impasto, sostenibilità, equilibrio nutrizionale – sono stati riconoscimenti a chi sa raccontare la pasta con consapevolezza e cuore.
Poco più di un’istantanea culinaria: un manifesto dedicato alla pasta come patrimonio immateriale, trampolino di lancio per chi, tra professionisti e appassionati, porta avanti con coraggio la cultura della manualità.
Mentre il sole scivolava pigro tra le colonne doriche, lasciando che il profumo di sfoglia riempisse festante l’aria, si percepiva nettamente una certezza: questa arte, fatta di tempo e pazienza, non si fermerà a Paestum. Dopo il trofeo, partirà un tour nazionale, per radicare ancora più forte – in mani nuove – quell’ancestrale incanto che è la pasta fatta a mano.