
CARBONARA NEL SOL LEVANTE
tra forchetta e bacchette
30/04/25

CARBONARA NEL SOL LEVANTE
tra forchetta e bacchette
30/04/25

CARBONARA NEL SOL LEVANTE
tra forchetta e bacchette
30/04/25
In Giappone, lontano dai sampietrini e dai vicoli densi della 'caciara' gaudente di Trastevere, la Carbonara ha trovato un altro respiro. Vive in ciotole di udon fumanti, in piatti fedeli alla tradizione e in menu che osano mescolare pecorino e dashi e diventa un idioma, una forma di dialogo tra due culture che, seppur distanti, condividono il culto per il dettaglio e per la ritualità del cibo.
La versione autentica — quella con guanciale, uova, pecorino romano e pepe nero — esiste anche in Giappone. Non è la norma, ma quando c’è, è fatta con cura e rispetto. Ristoranti come Bottega a Shibuya, capitanato dallo Chef stellato Shohei Sasagawa, si impegnano a preservare la matrice italiana: ingredienti essenziali, tecnica pulita, equilibrio dei sapori. Qui, la Carbonara arriva al tavolo come un’ode alla tecnica del Tricolore, arricchita dall’esperienza appresa dallo chef in Italia.
Anche Al Dente Shinjuku è un punto di riferimento per chi cerca un assaggio autentico: la pasta è italiana, il guanciale pure, e la mantecatura riflette una comprensione profonda della cucina romana.
Ma il Giappone si guarda bene dal solo copiare: reinventa! E lo fa con la sua cifra elegante, netta e soffusa, con una creatività e una logica peculiare insita del Sol Levante. Nascono così piatti come la Carbonara udon, dove i noodles giapponesi si vestono di tuorlo crudo, pancetta croccante e parmigiano grattugiato. È una fusione rispettosa, e al tempo stesso un’interpretazione giocosa e un pizzico ardita, di consistenze e sapori diversi.
Ristoranti come Menchirashi a Kyoto o Shin Udon a Tokyo propongono queste versioni ibride divenute virali anche sui social: comfort food globali che fanno sorridere, con bonomia, i puristi, ma che raccontano una realtà culinaria in franca evoluzione.
Anche le grandi catene si sono adeguate: Yomenya Goemon, con i suoi spaghetti italo-nipponici, propone una carbonara ‘sui generis’ - allestita con alga nori e uovo onsen - in un connubio che ha più a che fare con la cultura pop che con la tradizione romana.
In parallelo, ambasciatori culturali come Girolamo Panzetta, influencer e volto arcinoto della TV giapponese, hanno contribuito a educare il pubblico nipponico su cosa sia davvero la carbonara. Nei talk show, ad esempio, educa con passione che la panna in questo contesto non c’entra per nulla e che il guanciale da impiegare non è solo “un altro tipo di bacon”.
Certo, i puristi storceranno il naso davanti a una carbonara approntata con udon, ma il cibo - come le lingue - è in perenne evoluzione; e se a Tokyo oggi si può assaporare una carbonara fatta bene, o una rivisitazione che sorprende senza mai offendere, è perché il ponte tra le due culture si regge su un imprescindibile solido caposaldo: l’amore della cura.
In Giappone, lontano dai sampietrini e dai vicoli densi della 'caciara' gaudente di Trastevere, la Carbonara ha trovato un altro respiro. Vive in ciotole di udon fumanti, in piatti fedeli alla tradizione e in menu che osano mescolare pecorino e dashi e diventa un idioma, una forma di dialogo tra due culture che, seppur distanti, condividono il culto per il dettaglio e per la ritualità del cibo.
La versione autentica — quella con guanciale, uova, pecorino romano e pepe nero — esiste anche in Giappone. Non è la norma, ma quando c’è, è fatta con cura e rispetto. Ristoranti come Bottega a Shibuya, capitanato dallo Chef stellato Shohei Sasagawa, si impegnano a preservare la matrice italiana: ingredienti essenziali, tecnica pulita, equilibrio dei sapori. Qui, la Carbonara arriva al tavolo come un’ode alla tecnica del Tricolore, arricchita dall’esperienza appresa dallo chef in Italia.
Anche Al Dente Shinjuku è un punto di riferimento per chi cerca un assaggio autentico: la pasta è italiana, il guanciale pure, e la mantecatura riflette una comprensione profonda della cucina romana.
Ma il Giappone si guarda bene dal solo copiare: reinventa! E lo fa con la sua cifra elegante, netta e soffusa, con una creatività e una logica peculiare insita del Sol Levante. Nascono così piatti come la Carbonara udon, dove i noodles giapponesi si vestono di tuorlo crudo, pancetta croccante e parmigiano grattugiato. È una fusione rispettosa, e al tempo stesso un’interpretazione giocosa e un pizzico ardita, di consistenze e sapori diversi.
Ristoranti come Menchirashi a Kyoto o Shin Udon a Tokyo propongono queste versioni ibride divenute virali anche sui social: comfort food globali che fanno sorridere, con bonomia, i puristi, ma che raccontano una realtà culinaria in franca evoluzione.
Anche le grandi catene si sono adeguate: Yomenya Goemon, con i suoi spaghetti italo-nipponici, propone una carbonara ‘sui generis’ - allestita con alga nori e uovo onsen - in un connubio che ha più a che fare con la cultura pop che con la tradizione romana.
In parallelo, ambasciatori culturali come Girolamo Panzetta, influencer e volto arcinoto della TV giapponese, hanno contribuito a educare il pubblico nipponico su cosa sia davvero la carbonara. Nei talk show, ad esempio, educa con passione che la panna in questo contesto non c’entra per nulla e che il guanciale da impiegare non è solo “un altro tipo di bacon”.
Certo, i puristi storceranno il naso davanti a una carbonara approntata con udon, ma il cibo - come le lingue - è in perenne evoluzione; e se a Tokyo oggi si può assaporare una carbonara fatta bene, o una rivisitazione che sorprende senza mai offendere, è perché il ponte tra le due culture si regge su un imprescindibile solido caposaldo: l’amore della cura.
In Giappone, lontano dai sampietrini e dai vicoli densi della 'caciara' gaudente di Trastevere, la Carbonara ha trovato un altro respiro. Vive in ciotole di udon fumanti, in piatti fedeli alla tradizione e in menu che osano mescolare pecorino e dashi e diventa un idioma, una forma di dialogo tra due culture che, seppur distanti, condividono il culto per il dettaglio e per la ritualità del cibo.
La versione autentica — quella con guanciale, uova, pecorino romano e pepe nero — esiste anche in Giappone. Non è la norma, ma quando c’è, è fatta con cura e rispetto. Ristoranti come Bottega a Shibuya, capitanato dallo Chef stellato Shohei Sasagawa, si impegnano a preservare la matrice italiana: ingredienti essenziali, tecnica pulita, equilibrio dei sapori. Qui, la Carbonara arriva al tavolo come un’ode alla tecnica del Tricolore, arricchita dall’esperienza appresa dallo chef in Italia.
Anche Al Dente Shinjuku è un punto di riferimento per chi cerca un assaggio autentico: la pasta è italiana, il guanciale pure, e la mantecatura riflette una comprensione profonda della cucina romana.
Ma il Giappone si guarda bene dal solo copiare: reinventa! E lo fa con la sua cifra elegante, netta e soffusa, con una creatività e una logica peculiare insita del Sol Levante. Nascono così piatti come la Carbonara udon, dove i noodles giapponesi si vestono di tuorlo crudo, pancetta croccante e parmigiano grattugiato. È una fusione rispettosa, e al tempo stesso un’interpretazione giocosa e un pizzico ardita, di consistenze e sapori diversi.
Ristoranti come Menchirashi a Kyoto o Shin Udon a Tokyo propongono queste versioni ibride divenute virali anche sui social: comfort food globali che fanno sorridere, con bonomia, i puristi, ma che raccontano una realtà culinaria in franca evoluzione.
Anche le grandi catene si sono adeguate: Yomenya Goemon, con i suoi spaghetti italo-nipponici, propone una carbonara ‘sui generis’ - allestita con alga nori e uovo onsen - in un connubio che ha più a che fare con la cultura pop che con la tradizione romana.
In parallelo, ambasciatori culturali come Girolamo Panzetta, influencer e volto arcinoto della TV giapponese, hanno contribuito a educare il pubblico nipponico su cosa sia davvero la carbonara. Nei talk show, ad esempio, educa con passione che la panna in questo contesto non c’entra per nulla e che il guanciale da impiegare non è solo “un altro tipo di bacon”.
Certo, i puristi storceranno il naso davanti a una carbonara approntata con udon, ma il cibo - come le lingue - è in perenne evoluzione; e se a Tokyo oggi si può assaporare una carbonara fatta bene, o una rivisitazione che sorprende senza mai offendere, è perché il ponte tra le due culture si regge su un imprescindibile solido caposaldo: l’amore della cura.



