LA CACIO E PEPE SCIENTIFICA

il metodo di Ivan Di Terlizzi

05/05/25

LA CACIO E PEPE SCIENTIFICA

il metodo di Ivan Di Terlizzi

05/05/25

LA CACIO E PEPE SCIENTIFICA

il metodo di Ivan Di Terlizzi

05/05/25

La cacio e pepe è uno dei piatti più venerati e replicati della tradizione romana. Pochi ingredienti – pasta, pecorino romano e pepe nero – ma una messa a punto che ha fatto ammattire intere generazioni di cuochi. Il motivo? La difficoltà nel creare una crema liscia, senza grumi. Ora, un gruppo di fisici italiani, guidato da Ivan Di Terlizzi dell’Istituto Max Planck, ha deciso di studiare la questione in laboratorio, portando rigore scientifico a una ricetta ultra pop.

Pubblicato su Physics of Fluids, lo studio ha analizzato i processi termodinamici che si attivano durante la fase della mantecatura. Uno dei risultati principali riguarda la concentrazione ottimale di amido: secondo Di Terlizzi, la percentuale ideale nell’acqua usata per la salsa è tra il 2% e il 3%. A questa soglia, l’amido agisce da stabilizzatore, favorendo l’emulsione tra l’acqua e il grasso del pecorino, evitando la formazione degli odiosi e temuti grumi.

Ma la vera svolta arriva con la scoperta della giusta temperatura dell’acqua di cottura della pasta, poiché se impiegata subito, sopra i 70-80°C, sarebbe troppo calda, con il rischio di ‘cuocere’ il formaggio e facendo coagulare le proteine. La soluzione? Lasciarla raffreddare a circa 55°C, prima di miscelarla al pecorino. Solo così si otterrebbe una crema fluida e stabile, come confermato anche da test con telecamere ad alta velocità e modelli di simulazione molecolare.

Il protocollo suggerito dai ricercatori contemplerebbe anche l’aggiunta diretta di amido (come quello di mais) per controllarne con precisione millimetrica la concentrazione, oltre a un’accurata tostatura del pepe per massimizzarne i vapori aulenti e balsamici.

Questa ‘cacio e pepe scientifica’ non vuole, ovviamente, scippare il posto alla tradizione, ma renderla replicabile ‘ad hoc’ e impeccabile ogni volta. Come sostiene lo stesso Di Terlizzi, «anche la cucina ha bisogno di precisione. Capire la fisica di ciò che accade in padella ci permette di rispettare meglio la ricetta, non di stravolgerla».

La cacio e pepe è uno dei piatti più venerati e replicati della tradizione romana. Pochi ingredienti – pasta, pecorino romano e pepe nero – ma una messa a punto che ha fatto ammattire intere generazioni di cuochi. Il motivo? La difficoltà nel creare una crema liscia, senza grumi. Ora, un gruppo di fisici italiani, guidato da Ivan Di Terlizzi dell’Istituto Max Planck, ha deciso di studiare la questione in laboratorio, portando rigore scientifico a una ricetta ultra pop.

Pubblicato su Physics of Fluids, lo studio ha analizzato i processi termodinamici che si attivano durante la fase della mantecatura. Uno dei risultati principali riguarda la concentrazione ottimale di amido: secondo Di Terlizzi, la percentuale ideale nell’acqua usata per la salsa è tra il 2% e il 3%. A questa soglia, l’amido agisce da stabilizzatore, favorendo l’emulsione tra l’acqua e il grasso del pecorino, evitando la formazione degli odiosi e temuti grumi.

Ma la vera svolta arriva con la scoperta della giusta temperatura dell’acqua di cottura della pasta, poiché se impiegata subito, sopra i 70-80°C, sarebbe troppo calda, con il rischio di ‘cuocere’ il formaggio e facendo coagulare le proteine. La soluzione? Lasciarla raffreddare a circa 55°C, prima di miscelarla al pecorino. Solo così si otterrebbe una crema fluida e stabile, come confermato anche da test con telecamere ad alta velocità e modelli di simulazione molecolare.

Il protocollo suggerito dai ricercatori contemplerebbe anche l’aggiunta diretta di amido (come quello di mais) per controllarne con precisione millimetrica la concentrazione, oltre a un’accurata tostatura del pepe per massimizzarne i vapori aulenti e balsamici.

Questa ‘cacio e pepe scientifica’ non vuole, ovviamente, scippare il posto alla tradizione, ma renderla replicabile ‘ad hoc’ e impeccabile ogni volta. Come sostiene lo stesso Di Terlizzi, «anche la cucina ha bisogno di precisione. Capire la fisica di ciò che accade in padella ci permette di rispettare meglio la ricetta, non di stravolgerla».

La cacio e pepe è uno dei piatti più venerati e replicati della tradizione romana. Pochi ingredienti – pasta, pecorino romano e pepe nero – ma una messa a punto che ha fatto ammattire intere generazioni di cuochi. Il motivo? La difficoltà nel creare una crema liscia, senza grumi. Ora, un gruppo di fisici italiani, guidato da Ivan Di Terlizzi dell’Istituto Max Planck, ha deciso di studiare la questione in laboratorio, portando rigore scientifico a una ricetta ultra pop.

Pubblicato su Physics of Fluids, lo studio ha analizzato i processi termodinamici che si attivano durante la fase della mantecatura. Uno dei risultati principali riguarda la concentrazione ottimale di amido: secondo Di Terlizzi, la percentuale ideale nell’acqua usata per la salsa è tra il 2% e il 3%. A questa soglia, l’amido agisce da stabilizzatore, favorendo l’emulsione tra l’acqua e il grasso del pecorino, evitando la formazione degli odiosi e temuti grumi.

Ma la vera svolta arriva con la scoperta della giusta temperatura dell’acqua di cottura della pasta, poiché se impiegata subito, sopra i 70-80°C, sarebbe troppo calda, con il rischio di ‘cuocere’ il formaggio e facendo coagulare le proteine. La soluzione? Lasciarla raffreddare a circa 55°C, prima di miscelarla al pecorino. Solo così si otterrebbe una crema fluida e stabile, come confermato anche da test con telecamere ad alta velocità e modelli di simulazione molecolare.

Il protocollo suggerito dai ricercatori contemplerebbe anche l’aggiunta diretta di amido (come quello di mais) per controllarne con precisione millimetrica la concentrazione, oltre a un’accurata tostatura del pepe per massimizzarne i vapori aulenti e balsamici.

Questa ‘cacio e pepe scientifica’ non vuole, ovviamente, scippare il posto alla tradizione, ma renderla replicabile ‘ad hoc’ e impeccabile ogni volta. Come sostiene lo stesso Di Terlizzi, «anche la cucina ha bisogno di precisione. Capire la fisica di ciò che accade in padella ci permette di rispettare meglio la ricetta, non di stravolgerla».