
LA PASTA TRA LE STELLE
29/03/25

LA PASTA TRA LE STELLE
29/03/25

LA PASTA TRA LE STELLE
29/03/25
Nel silenzio assordante e ovattato dello spazio, nella fluttuazione perenne del microcosmo della stazione orbitante tra pannelli solari che catturano la luce di un sole senza atmosfera, il cibo può assumere una profonda dimensione simbolica. Per gli astronauti italiani, assaporare un piatto di pasta nella galassia, non è ovviamente soltanto un atto volto al mero sostentamento, ma diviene un gesto di identità, un profumo (buono) e tangibile di casa, vieppiù in un contesto così asettico, a centinaia di chilometri di distanza.
Ma come si gusta un piatto di pasta nello spazio, dove la gravità è solo un ricordo lontano? Nel microcosmo della Stazione Spaziale Internazionale, ogni pasto è il risultato di un’attenta ricerca scientifica. Qui gli alimenti devono essere leggeri e funzionali, conservabili molto a lungo e, soprattutto, compatibili con l’assenza di gravità, il che rende impossibile l’uso di piatti tradizionali e posate come le impieghiamo noi. Per questo, le lasagne, i tortellini o la pasta al sugo vengono accuratamente liofilizzati e confezionati sottovuoto, pronti per essere reidratati con acqua calda prima del consumo.
L’Agenzia Spaziale Italiana, in collaborazione con l’ESA e con chef specializzati, ha lavorato strenuamente per garantire agli astronauti italiani un’esperienza gastronomica il più domestica possibile. La missione di Samantha Cristoforetti, per esempio, ha visto il debutto della prima pasta spaziale condita con sugo al basilico, studiata per offrire un equilibrio perfetto tra gusto e praticità. Persino il Parmigiano Reggiano ha ottenuto il suo posto tra le stelle, grazie a speciali confezioni che ne preservavano l’aroma e la consistenza.
E così, mentre l’umanità si prepara a nuove frontiere, sognando basi lunari e missioni su Marte, la pasta continua il suo viaggio tra le stelle, attestando che il legame con le nostre radici può superare qualsiasi confine, persino quello dello spazio infinito.
Nel silenzio assordante e ovattato dello spazio, nella fluttuazione perenne del microcosmo della stazione orbitante tra pannelli solari che catturano la luce di un sole senza atmosfera, il cibo può assumere una profonda dimensione simbolica. Per gli astronauti italiani, assaporare un piatto di pasta nella galassia, non è ovviamente soltanto un atto volto al mero sostentamento, ma diviene un gesto di identità, un profumo (buono) e tangibile di casa, vieppiù in un contesto così asettico, a centinaia di chilometri di distanza.
Ma come si gusta un piatto di pasta nello spazio, dove la gravità è solo un ricordo lontano? Nel microcosmo della Stazione Spaziale Internazionale, ogni pasto è il risultato di un’attenta ricerca scientifica. Qui gli alimenti devono essere leggeri e funzionali, conservabili molto a lungo e, soprattutto, compatibili con l’assenza di gravità, il che rende impossibile l’uso di piatti tradizionali e posate come le impieghiamo noi. Per questo, le lasagne, i tortellini o la pasta al sugo vengono accuratamente liofilizzati e confezionati sottovuoto, pronti per essere reidratati con acqua calda prima del consumo.
L’Agenzia Spaziale Italiana, in collaborazione con l’ESA e con chef specializzati, ha lavorato strenuamente per garantire agli astronauti italiani un’esperienza gastronomica il più domestica possibile. La missione di Samantha Cristoforetti, per esempio, ha visto il debutto della prima pasta spaziale condita con sugo al basilico, studiata per offrire un equilibrio perfetto tra gusto e praticità. Persino il Parmigiano Reggiano ha ottenuto il suo posto tra le stelle, grazie a speciali confezioni che ne preservavano l’aroma e la consistenza.
E così, mentre l’umanità si prepara a nuove frontiere, sognando basi lunari e missioni su Marte, la pasta continua il suo viaggio tra le stelle, attestando che il legame con le nostre radici può superare qualsiasi confine, persino quello dello spazio infinito.
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Nel silenzio assordante e ovattato dello spazio, nella fluttuazione perenne del microcosmo della stazione orbitante tra pannelli solari che catturano la luce di un sole senza atmosfera, il cibo può assumere una profonda dimensione simbolica. Per gli astronauti italiani, assaporare un piatto di pasta nella galassia, non è ovviamente soltanto un atto volto al mero sostentamento, ma diviene un gesto di identità, un profumo (buono) e tangibile di casa, vieppiù in un contesto così asettico, a centinaia di chilometri di distanza.
Ma come si gusta un piatto di pasta nello spazio, dove la gravità è solo un ricordo lontano? Nel microcosmo della Stazione Spaziale Internazionale, ogni pasto è il risultato di un’attenta ricerca scientifica. Qui gli alimenti devono essere leggeri e funzionali, conservabili molto a lungo e, soprattutto, compatibili con l’assenza di gravità, il che rende impossibile l’uso di piatti tradizionali e posate come le impieghiamo noi. Per questo, le lasagne, i tortellini o la pasta al sugo vengono accuratamente liofilizzati e confezionati sottovuoto, pronti per essere reidratati con acqua calda prima del consumo.
L’Agenzia Spaziale Italiana, in collaborazione con l’ESA e con chef specializzati, ha lavorato strenuamente per garantire agli astronauti italiani un’esperienza gastronomica il più domestica possibile. La missione di Samantha Cristoforetti, per esempio, ha visto il debutto della prima pasta spaziale condita con sugo al basilico, studiata per offrire un equilibrio perfetto tra gusto e praticità. Persino il Parmigiano Reggiano ha ottenuto il suo posto tra le stelle, grazie a speciali confezioni che ne preservavano l’aroma e la consistenza.
E così, mentre l’umanità si prepara a nuove frontiere, sognando basi lunari e missioni su Marte, la pasta continua il suo viaggio tra le stelle, attestando che il legame con le nostre radici può superare qualsiasi confine, persino quello dello spazio infinito.



