


CURRICULUM VITAE
Maurizio Bufi, chef pugliese classe 1977, è una figura chiave della gastronomia italiana, celebre per aver creato un ponte culinario tra il suo mare d'origine a Molfetta e il Lago di Garda, sua patria d’adozione. Le sue radici affondano nei sapori autentici della cucina materna, un'impronta basata su ingredienti semplici e a "chilometro zero" che diventerà il fondamento della sua filosofia del rispetto per la materia prima. Nato in un fertile contesto molfettese che ha dato i natali ad altri grandi chef come Fabio Pisani e Felice Lo Basso, Bufi sviluppa presto un'ambizione che lo porta, a soli 15 anni, a lasciare la Puglia per un "desiderio di libertà e avventura". Inizia così un percorso formativo che lo porta dal Lago di Como alle navi da crociera e alla Svizzera, costruendo un bagaglio tecnico eterogeneo e internazionale, fondamentale per la sua futura carriera nell'hôtellerie di lusso.
Nel 2008 approda sul Lago di Garda, sua "seconda casa", curando l'apertura del prestigioso Lefay Resort & Spa. La vera svolta arriva nel 2012, quando assume il ruolo di Executive Chef a Villa Giulia, a Gargnano. Qui, per quasi un decennio, ha modo di affinare la sua cucina "creativa" ed "estrosa", un linguaggio che intreccia i sapori mediterranei con le eccellenze del lago. Questo lungo e meticoloso lavoro culmina nel 2017 con la conquista della sua prima stella Michelin, consacrandolo nell'olimpo della ristorazione italiana. Nell'ottobre 2021, dopo una "sofferta riflessione", lascia Villa Giulia, dimostrando la sua volontà di rimettersi in gioco per evolvere costantemente.
La sua filosofia si basa sulla fusione tra Puglia e Garda, un dialogo reso possibile da ingredienti comuni come olio, limoni e capperi, che prosperano in entrambi i territori. La memoria gioca un ruolo centrale, ispirando menù e creazioni che nascono da suggestioni infantili. Questo approccio si traduce in un profondo rispetto per la materia prima, con tecniche di cottura non invasive che ne preservano l'essenza, secondo il principio "meno lo tocchi, più buono sarà”.
All'inizio del 2022, accetta l'incarico di Executive Chef del Ristorante Il Fagiano al prestigioso Grand Hotel Fasano. Qui, in meno di due anni, compie una vera "riconquista": nel novembre 2023, la Guida Michelin gli assegna una nuova stella, premiando la sua visione matura e la sua capacità di imprimere un marchio d'autore in un nuovo contesto. Questo successo, definito un "sogno di famiglia" dalla proprietà e una "bellissima sorpresa", è frutto di una collaborazione strategica che vede Bufi affiancato da un altro chef, Pasquale Tozzi, in un modello vincente basato sulla specializzazione. La doppia stella conferma che la sua non è una cucina legata a un luogo, ma un'identità in continua evoluzione, sempre proiettata verso una "personale ricerca per accrescere il bagaglio culturale e professionale”
dialoghi
Come concilia il rispetto per le ricette classiche della pasta con l'innovazione nella sua cucina di ristorante?
È una sfida affascinante che affronto con sensibilità e creatività. Prima di innovare, è fondamentale conoscere e rispettare le basi: ingredienti, tecniche, storia e significato culturale delle ricette classiche. Solo comprendendo a pieno un piatto tradizionale si può pensare di reinterpretarlo rispettando la tradizione. Il segreto sta nel rimanere fedeli allo spirito del piatto, pur aprendo la porta alla creatività e alla tecnica moderna. L’innovazione ben fatta rende omaggio alla tradizione, non la cancella.
Quali tendenze stilistiche e tecniche osserva nella preparazione e presentazione della pasta nei ristoranti di alto livello, e in che modo la sua cucina vi si relaziona?
Nei ristoranti di alto livello, la pasta sta vivendo una nuova stagione di centralità, grazie a chef che uniscono tecnica, estetica e rispetto per la materia prima. La mia filosofia culinaria si basa sull'utilizzo di pochi ingredienti scelti con attenzione e facilmente riconoscibili. Nei miei primi piatti di pasta punto alla purezza del gusto e alla valorizzazione dell'ingrediente principale, come ad esempio i grani antichi. Propongo formati regionali come plin e cannelloni e anche formati meno noti o rivisitati, tutti rigorosamente fatti a mano.
Quali prospettive future intravede per i piatti di pasta nel fine dining? Ci sono elementi (come materie prime, metodi di cottura, abbinamenti) che ritiene avranno maggiore risalto?
L'evoluzione della pasta nel fine dining dovrebbe essere un processo continuo, che riguarderà la ricerca dietro ai formati e ai condimenti e l'impiattamento. Una delle tecniche che potranno avere maggiore risalto è la reidratazione della pasta, che riduce i tempi di cottura pur mantenendo invariati la struttura della pasta e l'amido. Un'altra tecnica è quella di risottare la pasta: in questo modo, la pasta viene direttamente cotta in un liquido che viene progressivamente ridotto, conferendo un gusto intenso al formato.
In che modo l'attenzione alla sostenibilità impatta sulla selezione degli ingredienti per la pasta (es. cereali pregiati, farine bio) e sulle pratiche di riduzione degli sprechi in cucina?
Oggi, la pasta non è più solo a base di grano. La biodiversità dei cereali presenti in natura ci dà la possibilità di utilizzare paste alternative, a base di farina di grano arso, Khorasan e Tumminia o, addirittura, di legumi, adatte per una dieta priva di glutine. Oggi, poi, non si può cucinare un ingrediente senza prevedere come si utilizzeranno anche gli scarti dello stesso, quelle parti che comunemente non vengono usate ma che non ci permettiamo più di poter scartare.
"C'è una filosofia o un approccio particolare che definisce l'unicità dei suoi piatti di pasta? Quali sono i tratti caratteristici che vi si ritrovano spesso?"
Sì, ogni piatto di pasta che creo nasce da una filosofia precisa, che unisce memoria, materia e misura. Questo approccio definisce la mia identità in cucina e conferisce unicità alle mie proposte. Per i miei piatti di pasta secca, seleziono sempre formati trafilati al bronzo e con essiccazione lenta.
Quanto peso attribuisce alla ricerca e all'impiego di ingredienti meno comuni o legati a specifici territori (come i Presìdi Slow Food) per arricchire i condimenti della pasta?
Molto. La mia cucina segue la stagionalità e mette in risalto le materie prime vegetali e non nel loro momento di massima espressione. In questa ricerca, rientra anche l’utilizzo di ingredienti meno comuni, come cereali antichi o pesci meno noti, che acquisto da piccoli fornitori.
Quando e perché predilige l'uso della pasta secca rispetto a quella fresca, o viceversa, per un determinato piatto? Quali criteri guidano questa scelta?
Entrambe sono importanti nella scelta e nell'abbinamento con i condimenti. Per esempio, uno spaghetto al pomodoro fresco di solito richiede pasta secca, mentre in un fine dining il pomodoro può essere una farcia per pasta fresca.
Può raccontare di qualche sperimentazione particolarmente audace o di sfide incontrate lavorando la pasta che, pur non essendo entrate in menu, le hanno lasciato insegnamenti preziosi?
Qualche tempo fa, ho sperimentato insieme alla mia brigata la cottura di una pasta secca in pentola a pressione. Abbiamo notato che tutti gli ingredienti si mescolavano perfettamente con la pasta, la quale assorbiva il 70% del condimento. Tuttavia, abbiamo riscontrato che in alcuni casi il formato di pasta tendeva a rompersi. Ho accantonato momentaneamente questo progetto, ma intendo riprenderlo in futuro, utilizzando una pasta ricca di amido.
Qual è la sua visione sull'impiego delle nuove tecnologie in relazione alla pasta, sia per la sua creazione (es. stampanti 3D) che per la sua preparazione o cottura?
Di solito mi attengo alla tradizione come chef, innovando solo con nuove forme e condimenti. Recentemente, però, ho provato la pasta 3D di un noto produttore. Ero scettico riguardo alla cottura, ma sono rimasto sorpreso: ha superato le mie aspettative.
Oltre all'esperienza gustativa, c'è un'emozione particolare o un ricordo d'infanzia legato alla pasta che desidera suscitare nei suoi commensali? C'è un piatto che racchiude una sua storia?
La pasta, per me, è un veicolo di emozioni e tradizioni. Un piatto di tagliatelle al ragù può evocare la domenica in famiglia e il profumo del soffritto, mentre le orecchiette con le cime di rapa possono richiamare la nostalgia della terra d'origine. Cucinare la pasta non è solo nutrimento, ma trasmettere emozioni e ricordi e, in questo, la mia famiglia ha sempre avuto un ruolo fondamentale.
CURRICULUM VITAE
Maurizio Bufi, chef pugliese classe 1977, è una figura chiave della gastronomia italiana, celebre per aver creato un ponte culinario tra il suo mare d'origine a Molfetta e il Lago di Garda, sua patria d’adozione. Le sue radici affondano nei sapori autentici della cucina materna, un'impronta basata su ingredienti semplici e a "chilometro zero" che diventerà il fondamento della sua filosofia del rispetto per la materia prima. Nato in un fertile contesto molfettese che ha dato i natali ad altri grandi chef come Fabio Pisani e Felice Lo Basso, Bufi sviluppa presto un'ambizione che lo porta, a soli 15 anni, a lasciare la Puglia per un "desiderio di libertà e avventura". Inizia così un percorso formativo che lo porta dal Lago di Como alle navi da crociera e alla Svizzera, costruendo un bagaglio tecnico eterogeneo e internazionale, fondamentale per la sua futura carriera nell'hôtellerie di lusso.
Nel 2008 approda sul Lago di Garda, sua "seconda casa", curando l'apertura del prestigioso Lefay Resort & Spa. La vera svolta arriva nel 2012, quando assume il ruolo di Executive Chef a Villa Giulia, a Gargnano. Qui, per quasi un decennio, ha modo di affinare la sua cucina "creativa" ed "estrosa", un linguaggio che intreccia i sapori mediterranei con le eccellenze del lago. Questo lungo e meticoloso lavoro culmina nel 2017 con la conquista della sua prima stella Michelin, consacrandolo nell'olimpo della ristorazione italiana. Nell'ottobre 2021, dopo una "sofferta riflessione", lascia Villa Giulia, dimostrando la sua volontà di rimettersi in gioco per evolvere costantemente.
La sua filosofia si basa sulla fusione tra Puglia e Garda, un dialogo reso possibile da ingredienti comuni come olio, limoni e capperi, che prosperano in entrambi i territori. La memoria gioca un ruolo centrale, ispirando menù e creazioni che nascono da suggestioni infantili. Questo approccio si traduce in un profondo rispetto per la materia prima, con tecniche di cottura non invasive che ne preservano l'essenza, secondo il principio "meno lo tocchi, più buono sarà”.
All'inizio del 2022, accetta l'incarico di Executive Chef del Ristorante Il Fagiano al prestigioso Grand Hotel Fasano. Qui, in meno di due anni, compie una vera "riconquista": nel novembre 2023, la Guida Michelin gli assegna una nuova stella, premiando la sua visione matura e la sua capacità di imprimere un marchio d'autore in un nuovo contesto. Questo successo, definito un "sogno di famiglia" dalla proprietà e una "bellissima sorpresa", è frutto di una collaborazione strategica che vede Bufi affiancato da un altro chef, Pasquale Tozzi, in un modello vincente basato sulla specializzazione. La doppia stella conferma che la sua non è una cucina legata a un luogo, ma un'identità in continua evoluzione, sempre proiettata verso una "personale ricerca per accrescere il bagaglio culturale e professionale”
dialoghi
Come concilia il rispetto per le ricette classiche della pasta con l'innovazione nella sua cucina di ristorante?
È una sfida affascinante che affronto con sensibilità e creatività. Prima di innovare, è fondamentale conoscere e rispettare le basi: ingredienti, tecniche, storia e significato culturale delle ricette classiche. Solo comprendendo a pieno un piatto tradizionale si può pensare di reinterpretarlo rispettando la tradizione. Il segreto sta nel rimanere fedeli allo spirito del piatto, pur aprendo la porta alla creatività e alla tecnica moderna. L’innovazione ben fatta rende omaggio alla tradizione, non la cancella.
Quali tendenze stilistiche e tecniche osserva nella preparazione e presentazione della pasta nei ristoranti di alto livello, e in che modo la sua cucina vi si relaziona?
Nei ristoranti di alto livello, la pasta sta vivendo una nuova stagione di centralità, grazie a chef che uniscono tecnica, estetica e rispetto per la materia prima. La mia filosofia culinaria si basa sull'utilizzo di pochi ingredienti scelti con attenzione e facilmente riconoscibili. Nei miei primi piatti di pasta punto alla purezza del gusto e alla valorizzazione dell'ingrediente principale, come ad esempio i grani antichi. Propongo formati regionali come plin e cannelloni e anche formati meno noti o rivisitati, tutti rigorosamente fatti a mano.
Quali prospettive future intravede per i piatti di pasta nel fine dining? Ci sono elementi (come materie prime, metodi di cottura, abbinamenti) che ritiene avranno maggiore risalto?
L'evoluzione della pasta nel fine dining dovrebbe essere un processo continuo, che riguarderà la ricerca dietro ai formati e ai condimenti e l'impiattamento. Una delle tecniche che potranno avere maggiore risalto è la reidratazione della pasta, che riduce i tempi di cottura pur mantenendo invariati la struttura della pasta e l'amido. Un'altra tecnica è quella di risottare la pasta: in questo modo, la pasta viene direttamente cotta in un liquido che viene progressivamente ridotto, conferendo un gusto intenso al formato.
In che modo l'attenzione alla sostenibilità impatta sulla selezione degli ingredienti per la pasta (es. cereali pregiati, farine bio) e sulle pratiche di riduzione degli sprechi in cucina?
Oggi, la pasta non è più solo a base di grano. La biodiversità dei cereali presenti in natura ci dà la possibilità di utilizzare paste alternative, a base di farina di grano arso, Khorasan e Tumminia o, addirittura, di legumi, adatte per una dieta priva di glutine. Oggi, poi, non si può cucinare un ingrediente senza prevedere come si utilizzeranno anche gli scarti dello stesso, quelle parti che comunemente non vengono usate ma che non ci permettiamo più di poter scartare.
"C'è una filosofia o un approccio particolare che definisce l'unicità dei suoi piatti di pasta? Quali sono i tratti caratteristici che vi si ritrovano spesso?"
Sì, ogni piatto di pasta che creo nasce da una filosofia precisa, che unisce memoria, materia e misura. Questo approccio definisce la mia identità in cucina e conferisce unicità alle mie proposte. Per i miei piatti di pasta secca, seleziono sempre formati trafilati al bronzo e con essiccazione lenta.
Quanto peso attribuisce alla ricerca e all'impiego di ingredienti meno comuni o legati a specifici territori (come i Presìdi Slow Food) per arricchire i condimenti della pasta?
Molto. La mia cucina segue la stagionalità e mette in risalto le materie prime vegetali e non nel loro momento di massima espressione. In questa ricerca, rientra anche l’utilizzo di ingredienti meno comuni, come cereali antichi o pesci meno noti, che acquisto da piccoli fornitori.
Quando e perché predilige l'uso della pasta secca rispetto a quella fresca, o viceversa, per un determinato piatto? Quali criteri guidano questa scelta?
Entrambe sono importanti nella scelta e nell'abbinamento con i condimenti. Per esempio, uno spaghetto al pomodoro fresco di solito richiede pasta secca, mentre in un fine dining il pomodoro può essere una farcia per pasta fresca.
Può raccontare di qualche sperimentazione particolarmente audace o di sfide incontrate lavorando la pasta che, pur non essendo entrate in menu, le hanno lasciato insegnamenti preziosi?
Qualche tempo fa, ho sperimentato insieme alla mia brigata la cottura di una pasta secca in pentola a pressione. Abbiamo notato che tutti gli ingredienti si mescolavano perfettamente con la pasta, la quale assorbiva il 70% del condimento. Tuttavia, abbiamo riscontrato che in alcuni casi il formato di pasta tendeva a rompersi. Ho accantonato momentaneamente questo progetto, ma intendo riprenderlo in futuro, utilizzando una pasta ricca di amido.
Qual è la sua visione sull'impiego delle nuove tecnologie in relazione alla pasta, sia per la sua creazione (es. stampanti 3D) che per la sua preparazione o cottura?
Di solito mi attengo alla tradizione come chef, innovando solo con nuove forme e condimenti. Recentemente, però, ho provato la pasta 3D di un noto produttore. Ero scettico riguardo alla cottura, ma sono rimasto sorpreso: ha superato le mie aspettative.
Oltre all'esperienza gustativa, c'è un'emozione particolare o un ricordo d'infanzia legato alla pasta che desidera suscitare nei suoi commensali? C'è un piatto che racchiude una sua storia?
La pasta, per me, è un veicolo di emozioni e tradizioni. Un piatto di tagliatelle al ragù può evocare la domenica in famiglia e il profumo del soffritto, mentre le orecchiette con le cime di rapa possono richiamare la nostalgia della terra d'origine. Cucinare la pasta non è solo nutrimento, ma trasmettere emozioni e ricordi e, in questo, la mia famiglia ha sempre avuto un ruolo fondamentale.
CURRICULUM VITAE
Maurizio Bufi, chef pugliese classe 1977, è una figura chiave della gastronomia italiana, celebre per aver creato un ponte culinario tra il suo mare d'origine a Molfetta e il Lago di Garda, sua patria d’adozione. Le sue radici affondano nei sapori autentici della cucina materna, un'impronta basata su ingredienti semplici e a "chilometro zero" che diventerà il fondamento della sua filosofia del rispetto per la materia prima. Nato in un fertile contesto molfettese che ha dato i natali ad altri grandi chef come Fabio Pisani e Felice Lo Basso, Bufi sviluppa presto un'ambizione che lo porta, a soli 15 anni, a lasciare la Puglia per un "desiderio di libertà e avventura". Inizia così un percorso formativo che lo porta dal Lago di Como alle navi da crociera e alla Svizzera, costruendo un bagaglio tecnico eterogeneo e internazionale, fondamentale per la sua futura carriera nell'hôtellerie di lusso.
Nel 2008 approda sul Lago di Garda, sua "seconda casa", curando l'apertura del prestigioso Lefay Resort & Spa. La vera svolta arriva nel 2012, quando assume il ruolo di Executive Chef a Villa Giulia, a Gargnano. Qui, per quasi un decennio, ha modo di affinare la sua cucina "creativa" ed "estrosa", un linguaggio che intreccia i sapori mediterranei con le eccellenze del lago. Questo lungo e meticoloso lavoro culmina nel 2017 con la conquista della sua prima stella Michelin, consacrandolo nell'olimpo della ristorazione italiana. Nell'ottobre 2021, dopo una "sofferta riflessione", lascia Villa Giulia, dimostrando la sua volontà di rimettersi in gioco per evolvere costantemente.
La sua filosofia si basa sulla fusione tra Puglia e Garda, un dialogo reso possibile da ingredienti comuni come olio, limoni e capperi, che prosperano in entrambi i territori. La memoria gioca un ruolo centrale, ispirando menù e creazioni che nascono da suggestioni infantili. Questo approccio si traduce in un profondo rispetto per la materia prima, con tecniche di cottura non invasive che ne preservano l'essenza, secondo il principio "meno lo tocchi, più buono sarà”.
All'inizio del 2022, accetta l'incarico di Executive Chef del Ristorante Il Fagiano al prestigioso Grand Hotel Fasano. Qui, in meno di due anni, compie una vera "riconquista": nel novembre 2023, la Guida Michelin gli assegna una nuova stella, premiando la sua visione matura e la sua capacità di imprimere un marchio d'autore in un nuovo contesto. Questo successo, definito un "sogno di famiglia" dalla proprietà e una "bellissima sorpresa", è frutto di una collaborazione strategica che vede Bufi affiancato da un altro chef, Pasquale Tozzi, in un modello vincente basato sulla specializzazione. La doppia stella conferma che la sua non è una cucina legata a un luogo, ma un'identità in continua evoluzione, sempre proiettata verso una "personale ricerca per accrescere il bagaglio culturale e professionale”
dialoghi
Come concilia il rispetto per le ricette classiche della pasta con l'innovazione nella sua cucina di ristorante?
È una sfida affascinante che affronto con sensibilità e creatività. Prima di innovare, è fondamentale conoscere e rispettare le basi: ingredienti, tecniche, storia e significato culturale delle ricette classiche. Solo comprendendo a pieno un piatto tradizionale si può pensare di reinterpretarlo rispettando la tradizione. Il segreto sta nel rimanere fedeli allo spirito del piatto, pur aprendo la porta alla creatività e alla tecnica moderna. L’innovazione ben fatta rende omaggio alla tradizione, non la cancella.
Quali tendenze stilistiche e tecniche osserva nella preparazione e presentazione della pasta nei ristoranti di alto livello, e in che modo la sua cucina vi si relaziona?
Nei ristoranti di alto livello, la pasta sta vivendo una nuova stagione di centralità, grazie a chef che uniscono tecnica, estetica e rispetto per la materia prima. La mia filosofia culinaria si basa sull'utilizzo di pochi ingredienti scelti con attenzione e facilmente riconoscibili. Nei miei primi piatti di pasta punto alla purezza del gusto e alla valorizzazione dell'ingrediente principale, come ad esempio i grani antichi. Propongo formati regionali come plin e cannelloni e anche formati meno noti o rivisitati, tutti rigorosamente fatti a mano.
Quali prospettive future intravede per i piatti di pasta nel fine dining? Ci sono elementi (come materie prime, metodi di cottura, abbinamenti) che ritiene avranno maggiore risalto?
L'evoluzione della pasta nel fine dining dovrebbe essere un processo continuo, che riguarderà la ricerca dietro ai formati e ai condimenti e l'impiattamento. Una delle tecniche che potranno avere maggiore risalto è la reidratazione della pasta, che riduce i tempi di cottura pur mantenendo invariati la struttura della pasta e l'amido. Un'altra tecnica è quella di risottare la pasta: in questo modo, la pasta viene direttamente cotta in un liquido che viene progressivamente ridotto, conferendo un gusto intenso al formato.
In che modo l'attenzione alla sostenibilità impatta sulla selezione degli ingredienti per la pasta (es. cereali pregiati, farine bio) e sulle pratiche di riduzione degli sprechi in cucina?
Oggi, la pasta non è più solo a base di grano. La biodiversità dei cereali presenti in natura ci dà la possibilità di utilizzare paste alternative, a base di farina di grano arso, Khorasan e Tumminia o, addirittura, di legumi, adatte per una dieta priva di glutine. Oggi, poi, non si può cucinare un ingrediente senza prevedere come si utilizzeranno anche gli scarti dello stesso, quelle parti che comunemente non vengono usate ma che non ci permettiamo più di poter scartare.
"C'è una filosofia o un approccio particolare che definisce l'unicità dei suoi piatti di pasta? Quali sono i tratti caratteristici che vi si ritrovano spesso?"
Sì, ogni piatto di pasta che creo nasce da una filosofia precisa, che unisce memoria, materia e misura. Questo approccio definisce la mia identità in cucina e conferisce unicità alle mie proposte. Per i miei piatti di pasta secca, seleziono sempre formati trafilati al bronzo e con essiccazione lenta.
Quanto peso attribuisce alla ricerca e all'impiego di ingredienti meno comuni o legati a specifici territori (come i Presìdi Slow Food) per arricchire i condimenti della pasta?
Molto. La mia cucina segue la stagionalità e mette in risalto le materie prime vegetali e non nel loro momento di massima espressione. In questa ricerca, rientra anche l’utilizzo di ingredienti meno comuni, come cereali antichi o pesci meno noti, che acquisto da piccoli fornitori.
Quando e perché predilige l'uso della pasta secca rispetto a quella fresca, o viceversa, per un determinato piatto? Quali criteri guidano questa scelta?
Entrambe sono importanti nella scelta e nell'abbinamento con i condimenti. Per esempio, uno spaghetto al pomodoro fresco di solito richiede pasta secca, mentre in un fine dining il pomodoro può essere una farcia per pasta fresca.
Può raccontare di qualche sperimentazione particolarmente audace o di sfide incontrate lavorando la pasta che, pur non essendo entrate in menu, le hanno lasciato insegnamenti preziosi?
Qualche tempo fa, ho sperimentato insieme alla mia brigata la cottura di una pasta secca in pentola a pressione. Abbiamo notato che tutti gli ingredienti si mescolavano perfettamente con la pasta, la quale assorbiva il 70% del condimento. Tuttavia, abbiamo riscontrato che in alcuni casi il formato di pasta tendeva a rompersi. Ho accantonato momentaneamente questo progetto, ma intendo riprenderlo in futuro, utilizzando una pasta ricca di amido.
Qual è la sua visione sull'impiego delle nuove tecnologie in relazione alla pasta, sia per la sua creazione (es. stampanti 3D) che per la sua preparazione o cottura?
Di solito mi attengo alla tradizione come chef, innovando solo con nuove forme e condimenti. Recentemente, però, ho provato la pasta 3D di un noto produttore. Ero scettico riguardo alla cottura, ma sono rimasto sorpreso: ha superato le mie aspettative.
Oltre all'esperienza gustativa, c'è un'emozione particolare o un ricordo d'infanzia legato alla pasta che desidera suscitare nei suoi commensali? C'è un piatto che racchiude una sua storia?
La pasta, per me, è un veicolo di emozioni e tradizioni. Un piatto di tagliatelle al ragù può evocare la domenica in famiglia e il profumo del soffritto, mentre le orecchiette con le cime di rapa possono richiamare la nostalgia della terra d'origine. Cucinare la pasta non è solo nutrimento, ma trasmettere emozioni e ricordi e, in questo, la mia famiglia ha sempre avuto un ruolo fondamentale.