GLUTEN FREE?

l'eresia che ha salvato la pasta

18 mag 2025

GLUTEN FREE?

l'eresia che ha salvato la pasta

18 mag 2025

GLUTEN FREE?

l'eresia che ha salvato la pasta

18 mag 2025

Un tempo, dire “gluten free” a tavola era come bestemmiare in chiesa. La pasta, regina della dieta mediterranea e orgoglio nazionale, era fatta—per definizione—di glutine. Anzi: era glutine glorificato, incastonato nella sacra Trinità acqua-farina-bronzo.

Poi qualcosa è cambiato. Oggi, la pasta senza glutine non è più la triste consolazione per celiaci rassegnati, ma un laboratorio futurista. Ha rotto il muro del pregiudizio (e dell’elasticità al dente) e ha iniziato a parlare il linguaggio del gusto, del benessere e della sostenibilità.

Secondo NielsenIQ, multinazionale con sede principale negli Stati Uniti che si occupa di ricerche di mercato, il deal della pasta gluten free in Italia è cresciuto ben del 12% nell'ultimo biennio. E non solo per chi è celiaco (in Italia circa 600.000 persone, secondo l’AIC), ma anche per chi cerca leggerezza, diversità, curiosità. Così, scaffali e ristoranti si sono riempiti di spaghetti di mais, fusilli di lenticchie, penne di grano saraceno, rigatoni di quinoa: un’orgia botanica che avrebbe fatto inorridire la nonna, ma incuriosito chiunque amasse l’innovazione e la diversità.

La sorpresa? Alcuni di questi formati sono addirittura buoni! Non buoni “per essere senza glutine”. Buoni veri e basta. Merito di pastifici come Rummo, Felicia o Garofalo, che hanno compreso una cosa semplice: anche la pasta 'alternativa' ha diritto al gusto, alla tenacia, ala sua identità.

In fondo, la pasta è sempre stata popolare, perché democratica. Cambia forma, tipologia di grano, tempo di cottura, ma resta ciò che unisce: una forchetta che avvolge tra i suoi rebbi l’idea di casa.

Nel paradosso, forse proprio l’eresia gluten free ha salvato la pasta dall’oblio industriale. Le ha ricordato che non è solo tradizione, ma evoluzione. E che si può essere fedeli alla propria anima, anche mutando pelle.

Un tempo, dire “gluten free” a tavola era come bestemmiare in chiesa. La pasta, regina della dieta mediterranea e orgoglio nazionale, era fatta—per definizione—di glutine. Anzi: era glutine glorificato, incastonato nella sacra Trinità acqua-farina-bronzo.

Poi qualcosa è cambiato. Oggi, la pasta senza glutine non è più la triste consolazione per celiaci rassegnati, ma un laboratorio futurista. Ha rotto il muro del pregiudizio (e dell’elasticità al dente) e ha iniziato a parlare il linguaggio del gusto, del benessere e della sostenibilità.

Secondo NielsenIQ, multinazionale con sede principale negli Stati Uniti che si occupa di ricerche di mercato, il deal della pasta gluten free in Italia è cresciuto ben del 12% nell'ultimo biennio. E non solo per chi è celiaco (in Italia circa 600.000 persone, secondo l’AIC), ma anche per chi cerca leggerezza, diversità, curiosità. Così, scaffali e ristoranti si sono riempiti di spaghetti di mais, fusilli di lenticchie, penne di grano saraceno, rigatoni di quinoa: un’orgia botanica che avrebbe fatto inorridire la nonna, ma incuriosito chiunque amasse l’innovazione e la diversità.

La sorpresa? Alcuni di questi formati sono addirittura buoni! Non buoni “per essere senza glutine”. Buoni veri e basta. Merito di pastifici come Rummo, Felicia o Garofalo, che hanno compreso una cosa semplice: anche la pasta 'alternativa' ha diritto al gusto, alla tenacia, ala sua identità.

In fondo, la pasta è sempre stata popolare, perché democratica. Cambia forma, tipologia di grano, tempo di cottura, ma resta ciò che unisce: una forchetta che avvolge tra i suoi rebbi l’idea di casa.

Nel paradosso, forse proprio l’eresia gluten free ha salvato la pasta dall’oblio industriale. Le ha ricordato che non è solo tradizione, ma evoluzione. E che si può essere fedeli alla propria anima, anche mutando pelle.

Un tempo, dire “gluten free” a tavola era come bestemmiare in chiesa. La pasta, regina della dieta mediterranea e orgoglio nazionale, era fatta—per definizione—di glutine. Anzi: era glutine glorificato, incastonato nella sacra Trinità acqua-farina-bronzo.

Poi qualcosa è cambiato. Oggi, la pasta senza glutine non è più la triste consolazione per celiaci rassegnati, ma un laboratorio futurista. Ha rotto il muro del pregiudizio (e dell’elasticità al dente) e ha iniziato a parlare il linguaggio del gusto, del benessere e della sostenibilità.

Secondo NielsenIQ, multinazionale con sede principale negli Stati Uniti che si occupa di ricerche di mercato, il deal della pasta gluten free in Italia è cresciuto ben del 12% nell'ultimo biennio. E non solo per chi è celiaco (in Italia circa 600.000 persone, secondo l’AIC), ma anche per chi cerca leggerezza, diversità, curiosità. Così, scaffali e ristoranti si sono riempiti di spaghetti di mais, fusilli di lenticchie, penne di grano saraceno, rigatoni di quinoa: un’orgia botanica che avrebbe fatto inorridire la nonna, ma incuriosito chiunque amasse l’innovazione e la diversità.

La sorpresa? Alcuni di questi formati sono addirittura buoni! Non buoni “per essere senza glutine”. Buoni veri e basta. Merito di pastifici come Rummo, Felicia o Garofalo, che hanno compreso una cosa semplice: anche la pasta 'alternativa' ha diritto al gusto, alla tenacia, ala sua identità.

In fondo, la pasta è sempre stata popolare, perché democratica. Cambia forma, tipologia di grano, tempo di cottura, ma resta ciò che unisce: una forchetta che avvolge tra i suoi rebbi l’idea di casa.

Nel paradosso, forse proprio l’eresia gluten free ha salvato la pasta dall’oblio industriale. Le ha ricordato che non è solo tradizione, ma evoluzione. E che si può essere fedeli alla propria anima, anche mutando pelle.