LA CACIO E PEPE PRIMORDIALE

di Salvatore Tassa

9 apr 2025

LA CACIO E PEPE PRIMORDIALE

di Salvatore Tassa

9 apr 2025

LA CACIO E PEPE PRIMORDIALE

di Salvatore Tassa

9 apr 2025

Ci sono piatti che sembrano scolpiti nella pietra della tradizione, immodificabili, assoluti.

La cacio e pepe è uno di questi: tre ingredienti: pecorino, pepe, pasta, combinati in una formula che ha attraversato il tempo senza bisogno di aggiustamenti. Eppure, la vera rivoluzione non sempre sta nell’innovare, ma anche molto nel riscoprire.

Salvatore Tassa, Chef e artigiano del gusto, ha scelto di riportare la cacio e pepe alle sue radici più profonde, spogliandola di ogni sovrastruttura moderna. La sua interpretazione non aggiunge, non reinventa, ma sottrae: niente acqua di cottura, niente mantecature complesse, solo la pasta, avvolta in un telo di lino immacolato privo di ogni traccia olfattiva, lasciata ad assorbire gli aromi del pecorino e del pepe, come facevano i pastori durante la transumanza.

In questa versione primitiva, il piatto diventa un atto di memoria. Il pecorino diviene Storia: è il latte dei pascoli laziali, il frutto di un sapere antico. Il pepe diviene pungente allegoria: il tocco che solletica il palato, la scintilla che accende il gusto. La pasta, invece, è accolta con venerazione e trasformata dal panno, che la asciuga e la avvolge in un rito essenziale, sacrale.

Non è una cacio e pepe da consumare distrattamente, questa; è un’esperienza sinestetica da ascoltare. Tassa si guarda bene dallo stupire con tecnicismi funambolici, insegna a percepire la purezza degli ingredienti, a percepire il legame profondo tra la terra, la tradizione e il gesto di nutrirsi. La sua cacio e pepe non è un’evoluzione, ma un ritorno: un viaggio a ritroso verso l’origine del gusto.

Ci sono piatti che sembrano scolpiti nella pietra della tradizione, immodificabili, assoluti.

La cacio e pepe è uno di questi: tre ingredienti: pecorino, pepe, pasta, combinati in una formula che ha attraversato il tempo senza bisogno di aggiustamenti. Eppure, la vera rivoluzione non sempre sta nell’innovare, ma anche molto nel riscoprire.

Salvatore Tassa, Chef e artigiano del gusto, ha scelto di riportare la cacio e pepe alle sue radici più profonde, spogliandola di ogni sovrastruttura moderna. La sua interpretazione non aggiunge, non reinventa, ma sottrae: niente acqua di cottura, niente mantecature complesse, solo la pasta, avvolta in un telo di lino immacolato privo di ogni traccia olfattiva, lasciata ad assorbire gli aromi del pecorino e del pepe, come facevano i pastori durante la transumanza.

In questa versione primitiva, il piatto diventa un atto di memoria. Il pecorino diviene Storia: è il latte dei pascoli laziali, il frutto di un sapere antico. Il pepe diviene pungente allegoria: il tocco che solletica il palato, la scintilla che accende il gusto. La pasta, invece, è accolta con venerazione e trasformata dal panno, che la asciuga e la avvolge in un rito essenziale, sacrale.

Non è una cacio e pepe da consumare distrattamente, questa; è un’esperienza sinestetica da ascoltare. Tassa si guarda bene dallo stupire con tecnicismi funambolici, insegna a percepire la purezza degli ingredienti, a percepire il legame profondo tra la terra, la tradizione e il gesto di nutrirsi. La sua cacio e pepe non è un’evoluzione, ma un ritorno: un viaggio a ritroso verso l’origine del gusto.

Ci sono piatti che sembrano scolpiti nella pietra della tradizione, immodificabili, assoluti.

La cacio e pepe è uno di questi: tre ingredienti: pecorino, pepe, pasta, combinati in una formula che ha attraversato il tempo senza bisogno di aggiustamenti. Eppure, la vera rivoluzione non sempre sta nell’innovare, ma anche molto nel riscoprire.

Salvatore Tassa, Chef e artigiano del gusto, ha scelto di riportare la cacio e pepe alle sue radici più profonde, spogliandola di ogni sovrastruttura moderna. La sua interpretazione non aggiunge, non reinventa, ma sottrae: niente acqua di cottura, niente mantecature complesse, solo la pasta, avvolta in un telo di lino immacolato privo di ogni traccia olfattiva, lasciata ad assorbire gli aromi del pecorino e del pepe, come facevano i pastori durante la transumanza.

In questa versione primitiva, il piatto diventa un atto di memoria. Il pecorino diviene Storia: è il latte dei pascoli laziali, il frutto di un sapere antico. Il pepe diviene pungente allegoria: il tocco che solletica il palato, la scintilla che accende il gusto. La pasta, invece, è accolta con venerazione e trasformata dal panno, che la asciuga e la avvolge in un rito essenziale, sacrale.

Non è una cacio e pepe da consumare distrattamente, questa; è un’esperienza sinestetica da ascoltare. Tassa si guarda bene dallo stupire con tecnicismi funambolici, insegna a percepire la purezza degli ingredienti, a percepire il legame profondo tra la terra, la tradizione e il gesto di nutrirsi. La sua cacio e pepe non è un’evoluzione, ma un ritorno: un viaggio a ritroso verso l’origine del gusto.